Boris Pasternak
Mosca, 10/2/1890 – Peredelkino, 30/5/1960
Immagini dal Libro
P10 - La tormenta di neve
Fuori non c'era più la strada, né il cimitero, né l'orto: solo la tormenta che infuriava, l'aria fumigante di neve. Quasi che la tormenta si fosse accorta del ragazzo e,
consapevole del proprio terrificante potere, godesse dell'impressione che gl'incuteva. E fischiava e ululava, tutta affannata a richiamare la sua attenzione.
Dal cielo, sdipanandosi giro su giro da matasse senza fine, un bianco ordito cadeva sulla terra avvolgendola in un sudario. Non era rimasta che la
tormenta al mondo, sola e incontrastata.
P42 - Disgelo
Fuori della finestra, il chioccolio delle gocce, il parlottio del disgelo.
P50 - Quando Nevica
Nevicava e ogni volta che si apriva il portone l'aria vi passava davanti aggrovigliata in mille nodi baluginanti di fiocchi di neve piccoli e grossi.
Gli uomini entravano con alte soprascarpe larghe ciondolanti ai piedi e tutti prendevano l'aria di bamboloni distratti e impacciati, mentre le mogli,
tutte rinfrescate dal gelo, nelle loro pellicce sbottonate sul collo, con le sciarpe di soffice lana sui capelli coperti di brina, si atteggiavano al
contrario a consumate maliarde, tutte astuzia e perfidia, da starne alla larga.
P52 - Assopimento
Nel vestibolo era caldo e dietro la ringhiera che separava lo spogliatoio dall'ingresso, dormiva il portiere russando tanto rumorosamente
che di tanto in tanto si svegliava da se, per riprendere poi a sonnecchiare, cullato dal ronzio del ventilatore, dall'ansito della stufa
che bruciava e dal sibilo del samovar in ebollizione.
P68 - La scintilla
A Lara piaceva conversare nella penombra delle candele. Paša ne teneva sempre in riserva per lei un pacco non ancora aperto.
Sostituì il mozzicone con una candela nuova, mise il candeliere sul davanzale e l'accese. La fiammella, dapprima soffocata dalla
stearina, sparò una girandola di crepitanti stelline, poi s'affilò, appuntandosi a freccia. La stanza si riempì di una luce morbida.
Sul vetro gelato della finestra, all'altezza della candela, cominciò a sciogliersi un piccolo occhio nero.
P70 - La circostanza
Passarono per il Kamergerskij. Jura osservò un nero occhio formatosi nella crosta di ghiaccio di una finestra. Attraverso quell'occhio filtrava la
luce di una candela che giungeva fino in istrada, quasi consapevole del proprio sguardo, come se spiasse loro che passavano e attendesse qualcuno.
"Una candela ardeva sul tavolo. Una candela ardeva..." sussurrò Jura fra sé. Era il nascere di qualcosa di confuso, di ancora informe.
Forse il seguito sarebbe venuto da sé, senza sforzo. Ma non venne.
P86 - La pioggia
La pioggia cadeva sconsolatamente monotona, senza infittire né diradare, nonostante la furia del vento che sembrava accanirsi contro
l'imperturbabilità dell'acqua che cadeva sulla terra. Le raffiche di vento tormentavano i tralci di vite selvatica che incorniciavano
una delle terrazze: pareva volessero strappare l'intera pianta, e la sollevavano, la scrollavano per poi, disgustate, lasciarla ricadere
come uno straccio.
P94 La notte Russa
Quando imbrunì, la parte più bassa del cielo si accese in quella direzione di un bagliore rosa e tremulo che non si spense fino al mattino.
P111 - Descrizione di un personaggio
Mademoiselle Fleury, una vecchia dai capelli bianchi, rossa in viso, trasandata e scarmigliata, strascicando le pantofole, e con
indosso un'ampia blusa consunta, andava avanti e indietro per l'ospedale dove si sentiva a suo agio come un tempo presso la famiglia
Zabrinskij, e con sempre qualcosa da raccontare nel suo russo storpiato e con tutte le finali tronche alla francese. Si metteva in posa,
gesticolava, e, alla fine della sua chiacchierata, scoppiava in una risata roca che si concludeva con un accesso di tosse irrefrenabile.
P116 - La primavera
Intorno, tutto fermentava, cresceva, saliva al magico lievito dell'esistenza. Il fervore della vita, come un vento silenzioso, avanzava
in una larga ondata, senza sapere dove, sulla terra e sulla città, attraverso i muri e i recinti, attraverso il legno e i corpi,
abbracciando col suo fremito quanto incontrava sulla propria strada.
P149 - Le balle dei politici
Passò l'agosto, finì il settembre. L'inevitabile incombeva. Si avvicinava l'inverno, e, nel mondo degli uomini, quella che sarebbe stata
la paralisi invernale, ormai scontata, era nell'aria e nei discorsi di tutti. Bisognava prepararsi al freddo, fare scorta di viveri, di legna.
Ma in giorni di materialismo trionfante, la materia si era trasformata in concetto e la questione alimentare, la questione dei combustibili
sostituivano gli alimenti e la legna.
P157 - La tormenta
La neve cominciò a fioccare fitta e prese a infuriare la tormenta, una di quelle tormente che in campagna strisciano stridendo sulla terra,
e che in città si dibattono prigioniere, senza vie d'uscita, fra le case.
P174 - Neve
Fuori era ancora buio. Nell'aria senza vento la neve cadeva più fitta della vigilia I grossi fiocchi lanuginosi scendevano pigramente e a
poca distanza da terra restavano ancora esitanti se posarsi o no al suolo.
P204 Cuore e particolare
Ma per essere uno scienziato che apre nuove vie, alla sua intelligenza mancava il dono del fortuito, la forza che con scoperte impreviste viola
la sterile armonia del prevedibile. Nello stesso modo, per operare il bene, alla sua coerenza di principi mancava l’incoerenza del cuore,
che non conosce casi generali, ma solo il particolare, ed è grande perché agisce nella sfera del piccolo.
Strèl'nikov, che fin dalla fanciullezza aspirava alle cose più nobili ed elevate, considerava la vita un'immensa arena, dove gli uomini,
rispettando onestamente le regole, gareggiano nel raggiungere la perfezione. Quando si accorse che non è così, non gli venne in mente
d'aver torto, d'aver giudicato in modo troppo schematico l'ordinamento del mondo. Tenendo chiusa dentro di se per molto tempo l'offesa,
cominciò ad accarezzare l'idea di poter erigersi un giorno a giudice fra la vita e l'oscuro elemento che la deforma, di assumerne le difese e
farne le vendette. Le delusioni lo avevano esasperato. La rivoluzione gli fornì le armi.
P231 l'Arte
L'arte non mi è mai sembrata un oggetto o un aspetto della forma, ma piuttosto una parte misteriosa e nascosta del contenuto.
Per me questo è chiaro come la luce del giorno, lo sento con tutto me stesso, ma come esprimere e formulare questo concetto?
Le opere d'arte parlano in tanti modi: con l'argomento, le tesi, le situazioni. i personaggi. Ma soprattutto parlano per la presenza dell'arte.
La presenza dell'arte nelle pagine di Delitto e castigo sconvolge più del delitto di Raskòl'nikov. L'arte primitiva, quella egizia, quella greca e
la nostra arte sono, attraverso il corso di molti millenni, sempre la medesima cosa, sempre arte al singolare. E' una sorta di idea, di affermazione
della vita, che per la sua sconfinata ampiezza non si può scomporre in singole parole; ma, quando una briciola di questa forza entra nella composizione
del più complesso organismo, l'ingrediente arte supera di per sé il significato di tutto il resto e diventa l'essenza, l'anima e il fondamento
dell'intera rappresentazione
P324 - Amarti
Credo che non ti amerei tanto se in te non ci fosse nulla da lamentare, nulla da rimpiangere. Io non amo la gente perfetta, quelli
che non sono mai caduti, non hanno inciampato. La loro è una virtù spenta, di poco valore. A loro non si è svelata la bellezza della vita.
P325 - Gelosia
“Ecco di chi sono geloso in modo folle, irrimediabile.” “Che dici? Non solo non lo amo, ma lo detesto.” “Credi di conoscerti così bene? La natura
umana e specialmente quella femminile è così ambigua e contraddittoria! Con qualche particella della tua repulsione forse tu sei succube di
lui più che di qualunque altro che pure ami di tua spontanea volontà, liberamente.” “È terribile quello che hai detto. E, come al solito, hai
colto nel segno, tanto che quest’assurdità contro natura mi sembra vera. Ma è spaventoso allora!” “Stai tranquilla. Non mi dare retta.
Volevo dire che nei tuoi confronti io sono geloso di ciò che è oscuro, inconscio, che non si può spiegare, né capire. Sono geloso degli
oggetti della tua toeletta, delle gocce di sudore sulla tua pelle, delle malattie che sono nell’aria e che possono attaccarsi a te e avvelenare
il tuo sangue. E, come di un’infezione di questo genere, sono geloso di Komarovskij, che un giorno ti strapperà a me, così come un giorno la mia o
la tua morte ci dividerà. Lo so, tutto questo ti deve sembrare un oscuro groviglio. Ma non so dirlo in maniera più comprensibile e chiara.
Ti amo follemente, da perdere la ragione, senza limiti
P401 - Un particolare
Cominciò a sforzare la memoria per ricostruire quel colloquio con Pašenka, ma non riusciva a ricordare nulla, eccetto la piccola candela
che bruciava sul davanzale e il cerchio che essa aveva formato, sciogliendo la crosta di ghiaccio sul vetro della finestra. Poteva mai pensare
che il morto disteso lì, nella bara, aveva visto quel piccolo occhio, passando nella via, e fatto attenzione alla candela? Che da quella
piccola fiamma vista dall'esterno - "Una candela ardeva sul tavolo, una candela ardeva" - aveva avuto inizio la predestinazione della vita di lui?
P402 - Il loro Amore
Oh, che amore era stato il loro, libero, straordinario, a nulla somigliante! Pensavano, come altri cantano: non si erano amati perché era inevitabile,
non erano stati "bruciati dalla passione", come si suol dire. Si erano amati, perché così voleva quanto li circondava: la terra sotto di
loro, il cielo sopra le loro teste, le nuvole e gli alberi. Il loro amore piaceva a ogni cosa intorno, forse anche più che a loro stessi:
agli sconosciuti per strada, agli spazi che si aprivano dinanzi a loro nelle passeggiate, alle stanze in cui si incontravano e vivevano.
Questo, questo era stato ciò che li aveva avvicinati e uniti! Mai, mai, nemmeno nei momenti di più sovrana immemore felicità li aveva abbandonati
quanto vi è di più alto e di appassionante: il godimento dinanzi all'armonia dell'universo. il senso del rapporto tra loro e tutto il suo quadro,
la sensazione di appartenere alla bellezza dell'intero spettacolo, a tutto il cosmo.
da il coriere della sera (10 settembre 1995)
Olga e Boris, una relazione pericolosa
Testi: Cianfanelli Renzo, Servadio Gaia.
Il figlio dell' autore del "Dottor Zivago" ricorda: "Mio padre non parlo' mai della loro amicizia. Poi trovammo le lettere d' amore". Punita dagli inquisitori dell' Urss, ha vissuto per decenni nell' oblio dopo aver pagato con la prigionia i suoi rapporti con lo scrittore.
"Lara" se n'è andata a 84 anni senza farsi sentire ne' notare, in una Russia differente, che ne' lei ne' Pasternak potevano prevedere. E' morta in un appartamentino squallido del vecchio centro storico di Mosca. Nessun giornale ne ha dato notizia. Ne' i "nuovi russi" impegnati ad arricchirsi, nella convulsa transizione dal comunismo al consumismo, probabilmente hanno mai sentito parlare del Dottor Zivago, la cui lettura il regime sovietico proibiva. Evgheni Borisevic Pasternak, il figlio dello scrittore, quando apprende della morte di "Lara" e' commosso: "Con lei, dice, avevamo pochissimi contatti. Mio padre, fin da quando eravamo ragazzi, aveva sempre fatto di tutto perche' di lei non si sapesse nulla. In presenza nostra, anzi, non se ne parlava. Quando nostro padre e' morto, dato che non c' era un testamento scritto, abbiamo rispettato le promesse fatte a voce da nostro padre a "Lara", cosi' come lei ce le aveva riferite. Le abbiamo lasciato tutti i diritti del Dottor Zivago e anche quelli dell' Autobiografia". L' ultimo incontro del figlio di Pasternak con Olga Ivinskaja risale a una decina d'anni fa. "I nostri rapporti dice Evgheni Borisevic veramente si limitavano agli affari. Io e mio fratello invece abbiamo ancora un'amicizia piuttosto stretta con la figlia dell'amica di mio padre, Irina Emilianova, che da anni vive a Parigi e insegna alla Sorbona". Puo' una musa (e Olga era anche poetessa) avere tempo per gli affari? La domanda resta avvolta nell' oblio. E' una storia molto vecchia, che veniva fatta circolare a Mosca nei primi anni Sessanta. Forse era stata confezionata dal cosiddetto Ufficio giochi sporchi del Kgb, assai irritato per lo scoop del manoscritto del Dottor Zivago trafugato in Occidente in una valigia a doppio fondo di un inviato di Feltrinelli. Nell' Urss gli inquisitori, per punirla del legame con il "traditore" Pasternak, raccontarono che Olga, oltre al poeta, amava anche il denaro. Il Prokurator sovietico, inflessibile, sostenne che, per guadagnare soldi, Olga vendeva agli editori occidentali traduzioni di poesia, che in realta' si faceva fare da studenti universitari, a 3 rubli la riga, rivendendole a dieci. Poi l'accusa cambiò. Da una coppia di coniugi italiani, uno dei quali si sarebbe qualificato come un improbabile "signor D' Annunzio", come anticipo sui diritti d' autore per il Dottor Zivago, l' amica dello scrittore avrebbe ricevuto, su istruzioni di Feltrinelli, "5000 banconote da 100 rubli avvolte in carta da pacchi". Fu cosi' che Olga venne condannata a otto anni di lager, e a tre la figlia. Per quest' ultima il "reato" sarebbe stato quello di aver voluto assolutamente sposare uno straniero. Di tutto questo Evgheni Pasternak non sa, o non racconta. Si ricorda invece delle lettere che "Lara" scrisse a suo padre. "Ne trovammo molte, che poi vennero riunite e pubblicate in un libro intitolato Prigioneri del tempo, uscito nel 1972 a Parigi". E' proprio certo, dunque, che sia stata lei a ispirare la protagonista del Dottor Zivago? "Quando si riferiva a Olga, per farle piacere, aveva l' abitudine di dire: "la Lara del mio romanzo e' lei". Ma in famiglia non ne parlava". Sugli ultimi anni di vita dell' uomo che lei amava, Olga Ivinskaja ha voluto rivelare qualche cosa solo di recente, in un articolo uscito sul settimanale "Ogonjok" nel 1988. E' una testimonianza che ancora oggi commuove. "Il nostro amore raccontava Olga fiori' nel 1946, con all' inizio della stesura del Dottor Zivago e continuo' a crescere con il numero delle pagine che Boris scriveva". Da quella relazione, forse, sarebbe potuto nascere un figlio. Ma nel suo racconto su "Ogonjok" Olga ricorda soltanto che nel 1949, tre anni dopo l' incontro con lo scrittore, fu arrestata e portata nella Lubjanka, la sede del Kgb. Gli inquisitori dei servizi segreti furono formalmente cortesi ma diabolicamente crudeli. Per settimane la interrogarono, cercando di convincerla a firmare una "confessione" nella quale lei avrebbe dovuto affermare che Pasternak stava scrivendo un romanzo "antisovietico". Ma Olga non si piegava. Inutilmente, per non farla dormire, fu tenuta in una cella dove rimaneva accesa in continuazione una luce accecante. La Musa era incinta. Dopo qualche settimana il suo fisico cedette, e Olga aborti'. Il Kgb decise allora di rilasciarla e gli insulti lanciati a Pasternak sulla stampa si moltiplicarono. Era il segnale di quello che il regime voleva da lui: l' esilio. "Boris lo evito' con una lettera a Kruscev", rivela nell' articolo Olga. "Fu una lettera non umiliante ma dignitosa che incominciava cosi': "Nikita Serghievich, la vita fuori dalla Russia per me sarebbe la morte. ". Kruscev capi'. Lo scrittore ottenne di passare gli ultimi anni nella condizione di esule in patria.
Julie Christie: "Ero troppo giovane Solo oggi capisco la sua tragedia"
Ero cosi' giovane e cosi' arrogante allora" mi dice Julie Christie nei panni di Lara nel film, "che quando studiai il copione del Dottor Zivago non mi venne neanche in mente di pensare a chi era (e com' era) veramente la donna che aveva ispirato il mio personaggio, quello di Lara, raccontato nel romanzo di Boris Pasternak". Nel 1965, sette anni dopo il premio Nobel a Pasternak, Julie Christie veniva chiamata da David Lean per interpretare la parte di Lara in un film con Omar Sharif. Era allora la diva del momento: l' anno prima aveva vinto l' Oscar con Darling di John Schlesinger. "Se lo rifacessi oggi, il Dottor Zivago, reciterei quella parte in modo del tutto diverso. La farei piu' intelligente, piu' intensa, questa povera Lara". Allora non sapeva nulla di Olga, la compagna di Boris Pasternak, unita a lui in tante umiliazioni. Con il poeta aveva avuto una figlia. "Lui, Pasternak, dev' essere stato sublime, bello, intelligente, come ci si aspetta da un poeta. S' innamoravano tutti di lui...". Julie Christie continua: "Allora sapevo ben poco di tutto questo, della Russia sovietica, di Stalin, eccetera; sapevo poco di qualsiasi cosa e quando David mi propose la parte era lui e non io a vedere nella mia persona qualche cosa di Olga che io non sapevo di avere. Certo che mi piacerebbe rifarlo quel film: ma ci pensera' certamente qualcuno un giorno, e Zivago e Lara verranno interpretati in modo diverso e forse piu' vicini alla forza dei personaggi reali raccontati dal grande Boris Pasternak". Non sa dire se Olga Ivinskaja vide mai il film; lei, Julie, invece ebbe l' occasione di vedere Olga in un documentario alla televisione una decina di anni dopo aver interpretato il film. "Credo che se Olga lo avesse visto, quel film, non le sarebbe piaciuto. Alla gente non piace mai come viene interpretata". Julie Christie, che sta recitando con successo in Old Times di Harold Pinter, partira' fra breve per Mosca. "Portiamo Old Times in Russia per tre settimane. Non posso neanche immaginarmi che tipo di accoglienza avremo". Di nuovo un legame con la terra di Boris Pasternak. "Adesso che so che Olga e' morta, dice Julie Christie, cerco di pensare a lei, alla vita tremenda e solitaria che condusse, alle privazioni, alle umiliazioni che l' Unione sovietica le ha inflitto per molto tempo".